Prosegue l’iter della candidatura della Via Francigena a Patrimonio dell’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura). Entro l’autunno verrà presentato e condiviso con i ministeri dei beni culturali di Gran Bretagna, Francia e Italia (tre dei Paesi lungo i quali si snoda l’itinerario) lo studio tematico europeo sul riconoscimento della Francigena come patrimonio mondiale. Il dossier per la candidatura a Patrimonio dell’Unesco è stato già approvato dal ministero dei Beni Culturali italiano, dopo l’accordo tra le sette Regioni (Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio, Valle d’Aosta, con il coordinamento della Toscana) attraversate dall’itinerario.
Una via nel cuore dell’Europa
La strada, che attraversa il cuore dell’Europa Occidentale da Canterbury a Roma, nel Medioevo era percorsa dai pellegrini che dall’Inghilterra e dalla Francia volevano recarsi alla Basilica di San Pietro o proseguire verso la Terra Santa imbarcandosi nei porti della Puglia. Fu anche un tragitto commerciale per trasportare le merci dell’Oriente nelle fiere del Nord Europa. L’enorme valore spirituale, storico e culturale di questo cammino viene rivissuto ogni anno da decine di migliaia di pellegrini e di turisti che percorrono almeno una parte del tracciato.
La “riscoperta” del cammino
“Oggi la Francigena è stata riscoperta e reinterpretata come moderna via di pellegrinaggio”, ha detto, intervistato da Vatican News, Luca Bruschi direttore dell’Associazione Europea delle Vie Francigene, che ci ha aggiornato anche sullo stato della procedura necessaria per il riconoscimento dell’Unesco:
R. – L’iter di candidatura procede. Dopo lo studio dell’analisi preliminare della candidatura del tratto italiano, presentato lo scorso maggio dalle sette regioni italiane, su suggerimento dell’Unesco e dell’Icomos si è incominciato a ragionare su una candidatura allargata su scala europea, nel senso di prendere in considerazione tutto l’itinerario europeo, cioè da Canterbury a Roma. A che punto siamo ora? Dallo scorso gennaio, un gruppo di lavoro ha portato avanti un’analisi storico-scientifica su uno studio tematico europeo che riguarda i Paesi interessati e i 2.000 chilometri. Questo studio tematico è adesso all’attenzione delle regioni italiane, in particolare della Toscana – capofila di questo progetto di candidatura – e questo studio tematico verrà presentato e condiviso in autunno con i ministeri dei Paesi coinvolti, affinché tutti i ministeri concordino sull’iter che stiamo portando avanti, sulla procedura e sui prossimi passi.
Vogliamo ricordare che cos’è la Via Francigena, l’importanza storica di questa strada che ha collegato il cuore dell’Europa?
R. – La Via Francigena è una via millenaria di pellegrinaggio, di commercio che unisce l’Europa del Nord a Roma, in direzione di Gerusalemme. E’ una via che si rifà al diario dell’arcivescovo Sigerico, quando nel 990 – arcivescovo di Canterbury – annotò le sue tappe nel viaggio di ritorno da Roma, dove andò a ricevere il pallio dal Papa, fino a Canterbury. Quindi, 79 tappe che ha lasciato in questo diario che si trova conservato a Londra alla British Library. E fondamentalmente, oggi è stata riscoperta, reinterpretata come moderna via di pellegrinaggio attraverso più Paesi e circa 650 piccoli comuni o villaggi che fanno parte di quell’Europa “minore” e non così conosciuta.
Cosa si incontra, lungo questa strada?
R. – Solo nel tratto italiano ad oggi sono stati identificati circa 350 beni culturali, come centri storici, ponti, antichi casolati romani o chiese o cattedrali, che quindi si inseriscono all’interno di questa candidatura. E c’è tantissimo patrimonio religioso, come possiamo bene immaginare, perché lungo tutto questo itinerario ci sono tantissime pievi, chiese o riferimenti – effettivamente – alle vie di pellegrinaggio che nel periodo medievale, in maniera devozionale, venivano fatte.
Chi percorre, oggi, la Via Francigena?
R. – Lo scorso anno, circa 45 mila camminatori hanno fatto tra i sei e i sette giorni di cammino. Poi c’è chi se la fa tutta e parte da Canterbury e in tre mesi di tempo arriva a Roma, chi invece cammina magari semplicemente il weekend o nei lunghi ponti che ci sono durante l’anno. La Toscana è il tratto che più di tutti è stato strutturato, messo in sicurezza e valorizzato. Questi numeri non riguardano tutti pellegrini e viandanti che arrivano effettivamente a Roma; si tratta di persone mediamente bene istruite o comunque di persone curiose di conoscere il patrimonio e il territorio; persone che mediamente viaggiano con motivazioni di ricerca e motivazioni spirituali. Poi c’è anche chi – per il 10-15% – dice di farlo anche per motivazioni religiose. Per ora, circa la metà sono pellegrini italiani e per l’altra metà vengono dall’Europa o dall’Europa del Nord oppure dalla Corea del Sud, dall’Australia, dagli Stati Uniti, dal Brasile e anche dagli altri continenti.
In un’Europa alla ricerca delle proprie radici, di una identità comune che importanza ha la Via Francigena? Ricordiamo che la candidatura ha carattere transnazionale, quindi le nazioni europee si riconoscono nel suo patrimonio?
R. – Diciamo che fondamentalmente è un progetto che non ha un colore politico, ma è un progetto nato per unire, per costruire ponti e quindi si può semplicemente dire che la Francigena è un ponte di dialogo tra l’Europa del Nord e l’Europa mediterranea, tra l’Europa anglosassone e l’Europa latina. Ed effettivamente è, come si diceva, un ponte di cultura a maggior ragione in un’Europa in cui si fatica, fondamentalmente, a trovare una propria identità. E’ un progetto che ha una grandissima identità culturale nella quale davvero si riconosce anche la natura e la storia dell’Europa.